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Storia dell'occhio, La
Vedi anche: Bataille, Georges

«Uno dei romanzi da sempre più controversi, di George Bataille, è “La storia dell’occhio”; romanzo solo osceno? Romanzo di sadomasochismo estremo? Romanzo filosofico, antropologico o cosa ? E’ stato comunque uno degli scritti più discussi e citati da filosofi, antropologi, letterati, ecc. Ma perché ?

Bataille aveva scritto precedentemente, all’età di 30 anni, ne “L’ano solare” (1927): “Gli occhi umani non sopportano né il sole, né il coito, né il cadavere, né l’oscurità, ma con reazioni differenti.”

Questo scritto precede di circa due anni il suo più famoso romanzo breve, appunto la “ Storia dell’occhio” avendo ben chiaro che per “colpire” l’immaginazione dei lettori (soprattutto in piena epoca e retorica surrealista) era indispensabile avvicinare immagini mentali lontane e in contrasto il più possibile tra loro per trovare poi una sintesi in una logica sorprendente. In questo senso l’intenzione provocatoria di Bataille è perfettamente riuscita.

Molto spesso succede che noi anche oggi, ci vergogniamo quando veniamo assaliti da pensieri e fantasie particolarmente estreme. Abbiamo paura di essere tropo coinvolti e comunque pensiamo che siano da scacciare, Bataille invece, trova il coraggio di immergersi in situazioni limite. Lo fa proprio per andare “oltre” e per sondare l’abisso dell’inespresso che c’è in tutti.

Per chi non conoscesse il libro, si tratta di un romanzo assolutamente osceno, ma che in realtà nasconde un raffinato intreccio di metafore tra l’occhio, considerato forse come il più potente organo sessuale e gli organi sessuali veri e propri.

Tutto parte dalla “masturbazione” intesa come prima fonte di soddisfazione in quanto liberatrice nella mente delle fantasie più estreme che il protagonista, assieme all’amica Simona e alla consapevole vittima Marcella, man mano vivono discendendo in una spirale di perversioni fino ad arrivare a commettere omicidi lucidamente perpetrati. Via via che si svolge la trama, i paragoni e gli accostamenti vanno di pari passo con una lucida e disgregante filosofia: la via lattea di una splendida notte stellata diventa una vagina “ferita” dell’universo; la luna si paragona al sangue mestruale delle madri; l’occhio paragonato al uovo denso di liquidi e membrane…

In ogni caso, quello che domina in tutto il romanzo è il senso di distruzione legato (anzi implicito) all’ erotismo. La tesi di Bataille in questo senso è antropologica quando sottolinea che base dell’erotismo è il “possesso” completo dell’altro e della sua riduzione a mero oggetto sessuale. Nell’attimo supremo, la frenesia del piacere spinge ciascuno all’egoismo e alla fagocitazione ed è quel preciso istante che Bataille vorrebbe vivere per sempre, dilatarlo all’infinito, anche a costo di non arrivare al pieno godimento e di rimanere sempre in una parossistica e insoddisfatta eccitazione. In sostanza è questo il filo conduttore del romanzo.

Si possono però fare altre considerazioni, per esempio la considerazione che il racconto ha un’impostazione filosoficamente tutta circolare; si parte dall’occhio come nobile organo umano e si arriva all’occhio estirpato dall’orbita che alla fine Simona si infila nella vagina sede del piacere, ma anche della vita che nasce, e che diventa un ovocita traviato, come traviata “deve” essere l’esistenza per essere “vera esistenza” al di là delle perbenistiche regole.

E ancora: l’atto erotico e il sacrificio religioso sarebbero per Bataille due riti perfettamente assimilabili, cosa non proprio molto corretta perché, come rileva anche Moravia nell’introduzione alla traduzione italiana del romanzo, misticismo ed erotismo portano a due conseguenze opposte: “L'estasi religiosa porta all'olocausto di se stessi, quella erotica, dell'altro... L'amante vuol mordere, divorare, assassinare, distruggere l'amante, in un impossibile sforzo di comunicazione e di identificazione. Nelle religioni questo cannibalismo viene ritualizzato, mediato, trasformato in rappresentazione simbolica.”, ma nel suo pensiero ancora giovanile perfettamente comprensibile. L’erotismo che la società e la religione perbenista considera ancora un “dovere” solo per le sue implicazioni con la riproduzione, rappresenta per Bataille il limite dell’uomo a vivere liberamente il suo proprio erotismo. E, in effetti, come diceva Freud, il coito è una “guerra” tra i sessi! Da qui il rovesciamento del concetto privilegiando gli impulsi, anche i più deteriori, rispetto ai limiti sociali, morali e appunto religiosi.

Molto più tardi, nel 1951, ne “La parte maledetta” che doveva completare un suo antecedente scritto che trattava dell’erotismo in generale, chiarirà meglio questo concetto: “…la totalità divina è legata alla trasgressione della legge che fonda l’ordine degli esseri frammentari. Gli esseri frammentari che sono gli uomini, si sforzano di perseverare nella frammentarietà. Ma la morte, o almeno la contemplazione di essa, li riconduce all’esperienza della totalità.”. (V. L’Erotisme, dalla trad. in IT di A. Dell’Orto, ed. ES 1991).

Individua insomma la completezza dell’uomo nei suoi “Luoghi del male”, che altri non sono se non le più alte espressioni umane, cioè nella letteratura, nella tragedia (greca soprattutto), nelle immagini capaci di sconvolgere.., in sostanza in tutto quello che lega Eros e Thanatos, amore e morte, ma va anche oltre…affermando che solo la trasgressione dalla vita votata alla normalità del lavoro, all’accumulazione di beni, al benessere, rende l’uomo veramente tale e completo. Dice Aldo Trucchio (nel suo articolo “G.Bataille: verità e trasgressione”): “L’essere nella sua interezza è quindi accessibile all’uomo solo nella ‘trasgressione’ dei suoi limiti, nell’eccessivo piacere e dolore, oppure nella rappresentazione drammatica di quegli eccessi, (…) nel concetto di erotismo tragico questi stati emozionali così intensi trovano la loro unificazione.”.

George Bataille segue quindi un percorso coerente fin dalla sua gioventù di cui “La storia dell’occhio” è solo l’inizio. Arriverà successivamente a trovarsi in sintonia con Nietzsche al quale riconosce la profonda sofferenza, solo parzialmente liberatoria, nell’affermare la morte di Dio e alla quale si associa. Non rinnega la parte “mistica” dell’uomo, ma almeno mi pare, invita a superarla nell’illusione, forse, di arrivare all’unificazione tra le due facce dell’uomo sempre dolorosamente contraddittorie.»

Ileana


Ultima modifica: 23/01/2014
Hanno collaborato: Ileana

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